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Cranioplastiche che fanno notizia

 

A. Gaccione

 

In campo sanitario, forse più di ogni altro, i mass-media riescono ad attrarre attenzione e, spesso, aspettative sulla maggioranza dei cittadini.
La divulgazione di notizie a carattere sanitario riveste quindi un ruolo essenziale e, per questo, deve avere i crismi della correttezza scientifica. Può fare più danni una notizia giornalistica ad ampia diffusione che uno svarione su una rivista medica, sebbene ad impact factor di tutto rispetto.
Anche le applicazioni innovative dell’idrossiapatite a porosità variabile nella realizzazione di cranioplastiche su misura non sfugge a questa logica. Chi più chi meno, tutti i Centri che hanno impiantato per la prima volta un manufatto in idrossiapatite a porosità controllata attraverso un progetto personalizzato partendo da una ricostruzione 3D del cranio, hanno ritenuto opportuno coinvolgere la stampa afferente al proprio territorio per darne debita risonanza. Questo sia al fine di informare la popolazione di una avanzamento tecnico-sanitario che migliora notevolmente i risultati fino ad allora ottenuti con i metodi tradizionali, sia per appagare un piccolo peccato di vanità ed avere un seppur minimo ritorno di carattere personale.
D’altra parte, come non essere minimamente orgogliosi di questo progetto “Custom Bone Service”, nato e sviluppato in Italia, che sta per essere esportato nel resto d’Europa e del mondo?
Il riconoscimento da parte dei mass-media dell’importanza di questa nuova applicazione clinica ha forse trovato il suo più ampio palcoscenico nella trasmissione televisiva “TeleCamere”, condotta da Anna La Rosa, del 24 ottobre 2004. Ospiti in studio il Ministro della Salute, Girolamo Sirchia ed il rappresentante italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Neurotraumatologia, Franco Servadei. Quest’ultimo anche nella veste di promotore delle prime applicazioni cliniche di questo tipo di tecnologia nello specifico settore cranico.
La conduttrice, chiedeva: “Ministro, l’esperienza del progetto “teche craniche” è un fiore all’occhiello per l’Italia…”. Sirchia, così rispondeva: “Sono diverse le lezioni che possiamo imparare da questa storia. C’è la collaborazione fra pubblico e privato, c’è il fatto che mettendo specialisti diversi a lavorare insieme si ottengono risultati che il singolo non otterrebbe mai. Cose che in Italia sono ancora rare”.
Infatti, come racconta Serena Bortone, sul sito internet di Rai Tre: “Questa è una bella storia italiana. La storia affascinante del percorso della scienza. La storia di una ceramica che grazie alle biotecnologie si trasforma in un osso umano. Per raccontarla andiamo a Faenza, patria delle ceramiche fin dal Rinascimento. Qui c’è un centro di ricerca del CNR dedicato ai materiali ceramici in vari settori: elettronica, aerospaziale, meccanica, biomedicale. Questi laboratori sono collegati ad un’azienda che finanzia e realizza la ricerca di base e la fa diventare realtà. Un modello di come pubblico e privato possono e devono interagire.
Partiamo dall’inizio, dalla ricerca sull’apatite, un calciofosfato che è presente nelle ossa e che ha una struttura capace di ospitare molti atomi sostituenti. Opportunamente trattata, l’apatite si comporta come un osso: si rigenera. In tempi brevissimi, sei mesi, un anno. Le applicazioni sono sorprendenti e variano a seconda del livello di porosità dell’apatite. Possono arrivare a sostituire ossa lunghe diversi centimetri, racchiudere medicine per curare localmente tumori o infezioni, riparare difetti cranici. È nato così il progetto delle teche craniche, protesi che si integrano con l’osso senza rischi di rigetto e che servono per ricostruire le parti mancanti del cranio, in seguito a traumi, tumori, aneurismi e malformazioni congenite. Patologie che colpiscono circa 1000 nuovi casi l’anno. Un brevetto tutto italiano, nato per rispondere alle domande dei clinici: la ricerca è diventata realtà.”(1).
La ricaduta clinica di simili esperienze ha portato l’Italia a fungere da battistrada per i Colleghi europei. E, puntualmente, i mass-media hanno riportato la notizia che un primo gruppo di neurochirurgi europei è stato ospite di un centro italiano per vedere con i propri occhi l’inserzione di questi manufatti in idrossiapatite.
Patrizia Disnan, su “Il Gazzettino”, il 13 ottobre 2004, a proposito dell’utilizzo di cranioplastiche su misura in idrossiapatite sosteneva che “I risultati che si è in grado di ottenere sono ritenuti così interessanti da aver richiamato neurochirurghi stranieri da Olanda, Spagna e Grecia, al primo International Expert Panel teorico pratico organizzato dal primario Miran Skrap. La metodica in questione riguarda la ricostruzione cranica mediante dispositivi su misura in idrossiapatite porosa. Nel febbraio scorso, per la prima volta in regione, l’èquipe dell’Ospedale di alta specialità compì i primi tre interventi di posizionamento di protesi craniche in idrossiapatite porosa, una bioceramica, materiale sintetico, ma che costituisce una componente naturale dell’osso. […] L’idrossiapatite presenta dei fori che vengono colonizzati dalle cellule umane che producono l’osso ed è prodotta a Faenza. Il progetto è seguito con attenzione dal CNR e la casistica iniziale maggiore è detenuta proprio da Cesena. La precisione consentita, ben diversa da quella dei rimedi utilizzati in precedenza, è millimetrica. Il paziente viene studiato con una TAC a strati sottili, si realizza un modello in tre dimensioni del cranio e un prototipo che deve avere l’OK del chirurgo per arrivare alla protesi finale che riproduce perfettamente il settore che contiene la lacuna da ricoprire. “Scopo dell’iniziativa era quella di illustrare dal vivo ai neurochirurghi stranieri la tecnica chirurgica di ricostruzione cranioplastica messa a punto da una società del polo bioceramico di Faenza e in procinto di essere estesa in Europa” spiega il dottor Bruno Zanotti. Dopo una parte introduttiva in sala conferenze venerdì scorso sono stati realizzati tre interventi chirurgici su persone che presentavano problemi dovuti a traumi o di natura post-chirurgica. Erano presenti Henk Bijvolet, Shirley Resida e Aeter Van Roon (olandesi), Roser Garcia e Eugenio Ferrari (spagnoli), Michel Koutzoglou e Kostas Vlachos (greci), coordinati dagli italiani Angelo Nataloni e Daniele Pressato. I neurochirurghi si sono alternati in sala operatoria o hanno potuto seguire le varie fasi degli interventi chirurgici direttamente in videoconferenza.”(2).
Sebbene la televisione porti ad un’ampia cassa di risonanza ed i quotidiani enfatizzino la notizia di cronaca, i periodici scientifici ad ampia diffusione di massa, quali “Le Scienze”, sono garanzia che la notizia non sia fondata solo sul sensazionalismo. Già nel fascicolo di marzo del 2001 il mensile esponeva esaustivamente delle potenzialità dell’idrossiapatite porosa. Angelo Nataloni, medico e responsabile per la ricerca applicativa e l’informazione scientifica presso la Fin-Ceramica di Faenza, intervistato da Nicola Miglino, in poche righe sintetizzava sia il razionale sia la funzione di questo materiale: “La caratteristica di questi componenti di sintesi a base di idrossiapatite è la porosità, del tutto simile a quella ossea. Tale porosità, assieme ad una dimensione controllata del diametro dei pori, consente l’osteogenesi e la penetrazione di nuovo tessuto, favorite dall’azione rimodellante di osteoclasti e osteoblasti, ovvero proprio di quelle cellule deputate fisiologicamente alla produzione d’osso. Gli studi fin qui condotti hanno confermato l’importanza di questa proprietà morfologica per la crescita del tessuto, l’eliminazione di cicatrici e l’inibizione di risposte indesiderate del corpo ceramico alla fissazione ossea. Infatti, in natura è proprio la cosiddetta porosità interconnessa, ovvero la perfetta interazione tra micro- e macropori, che consente la rigenerazione ossea.”(3).
Dunque, un percorso virtuoso, partito da una intuizione in laboratorio, che è divenuta realtà ed è approdata alla clinica in poco tempo.
In un settore sicuramente banale nell’abito della complessità degli atti neurochirurgici, ma non per chi lo riceve se serve, come dice la Disnan, “per ricostruire il cranio a chi, a causa di malattia o incidenti, si trova a fare i conti con evidenti affossamenti della testa tali da avere ripercussioni anche sulla vita sociale”(2).


BIBLIOGRAFIA

1. Bortone S.: Teche craniche, ricambi per il cervello. www. telecamere.rai.it/salute/041024s1.html [rilevato il 20 marzo 2005].
2. Disnan P.: Un “know how” friulano per i medici europei. Il Gazzettino, 13 ottobre 2004.
3. Miglino N.: La fabbrica dell’osso. Le Scienze 2001; 391: 70-72.

 

Cranioplastica new MAGAZINE

Il Gazzettino del 14 febbraio 2004

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Il Gazzettino del 13 ottobre 2004

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